Categoria: psicopatologia

Il feticismo

Il termine parafilia deriva dal greco “para” (presso) e “philia” (amore) e definisce comportamenti sessuali devianti. Il problema  è tuttavia  quello di  tracciare una linea tra normalità e patologia. Il parametro attendibile per misurare il fenomeno della perversione da un punto di vista clinico non è il grado di deviazione dalla norma sessuale ma il soddisfacimento: le perversioni si caratterizzano come tali perché non posso essere mai soddisfatte. Infatti, secondo la Psicologia del Sé, le perversioni sarebbero un meccanismo difensivo, perennemente insoddisfacente e pertanto reiterabile all’infinito, dove la sessualità viene utilizzata come un tentativo per contrastare un Sé deficitario, dovuto a gravi carenze delle figure genitoriali nella risposta a bisogni fondamentali del bambino.

La diagnosi di perversione all’interno della nostra società rimanda a due forme principali:

  • perversioni dell’atto: la perversione si esprime nella forma, per cui si tratta di deviazioni sessuali che sostituiscono il coito con una pratica di altro tipo.
  • perversioni dell’oggetto: pratiche sessuali in cui si verifica uno spostamento dell’oggetto o della meta; deviazioni che sostituiscono il partner, anche attraverso autoerotismo.

Le Parafilie sono definite dal DSM-IV come fantasie, impulsi sessuali o comportamenti ricorrenti e intensamente eccitanti sessualmente che riguardano: 1) oggetti inanimati, 2) sofferenza e/o umiliazione di se stessi o del partner o 3) di bambini o altre persone non consenzienti, che si manifestano per un periodo di almeno sei mesi. Il comportamento, impulso o fantasia sessuale causa un disagio clinicamente significativo nell’area sociale, professionale o in altre importanti aree di funzionamento del soggetto.

In termini clinici il feticismo è una parafilia, e il suo esordio è solitamente in adolescenza, sebbene il feticcio possa avere acquisito una particolare significato già nella fanciullezza. E’ una variabile clinica significativa solo quando il desiderio feticistico interferisce con il funzionamento sessuale normale dell’individuo.

Il termine feticcio deriva dalla parola fetisio, coniata nel XV secolo dai coloni portoghesi per descrivere gli oggetti inanimati che le popolazioni dell’attuale Nuova Guinea adoravano come divinità.

Si definisce feticista la persona che, durante un periodo di almeno sei mesi, ha fantasie, impulsi sessuali o comportamenti ricorrenti e intensamente eccitanti sessualmente che comportano l’uso di oggetti inanimati (i feticci); queste fantasie causano disagio clinicamente significativo e compromissione  dell’are sociale, lavorativa o di altre importanti aree del funzionamento. Consistente nello spostamento della meta sessuale dalla persona viva nella sua interezza ad un suo sostituto, come una parte del corpo stesso, una qualità, un indumento o un qualsiasi altro oggetto. Molto spesso i feticci sono mutande, reggiseno, calze, scarpe, stivali che il feticista tiene in mano mentre si masturba, vi si strofina contro, odora, oppure che può chiedere di indossare al partner durante i rapporti sessuali. Attraverso il feticcio si esprime il desiderio onnipotente di controllare, ispezionare, indagare.

L’autolesionismo

L’autolesionismo è da tempo oggetto di discussione fra gli psichiatri. Per ora la definizione più utilizzata è quella di azioni intenzionali, ripetute, a bassa letalità, che alterano o danneggiano il tessuto corporeo senza alcun intento suicida cosciente. In questa definizione rientrano quattro tipi di comportamento autolesivo, che sono differenti non solo per la modalità con cui viene provocato il danno, ma anche per le motivazioni che stanno alla base del comportamento e per le associazioni con altre patologie psichiatriche.

Nell’autoavvelenamento (self-poisoning) rientrano comportamenti che vanno dall’overdose di farmaci all’ingestione di sostanze tossiche, fino all’iniettarsi sostanze pericolose: un disturbo vicino al comportamento suicidario.

L’automutilazione invece di solito ha un’origine psicotica. Viene meno la consapevolezza del proprio corpo e manca la coscienza della malattia stessa. Si verifica perlopiù nei casi di schizofrenia grave e non esistono cause esterne alla patologia.

L’autodanneggiamento (self-harming) è caratterizzato dalle c.d. condotte a rischio: comportamenti che indirettamente hanno effetti dannosi per la salute, come il gioco d’azzardo patologico, la guida pericolosa, l’abuso di stupefacenti o di alcolici.

L’autoferimento consiste nel procurarsi tagli, bruciature e altre lesioni. La modalità più diffusa è quella dei cutter, che si procurano tagli sulle braccia, sulle gambe, a volte sull’addome. Gli strumenti sono gli utensili domestici: coltelli, forchette, lamette. Alcuni cominciano ad autoferirsi a causa di perdite affettive importanti: abbandoni che possono essere reali, ma anche immaginari, nel senso che alcune volte la perdita è vissuta soltanto a livello interiore: pensano ad una persona per loro importante li stia lasciando, ma spesso è solo una percezione distorta. Solitudine, sensazione di vuoto, senso di colpa e di impotenza fanno spesso la cornice al disturbo. Subito dopo essersi tagliate queste persone possono provare un sollievo temporaneo, che dura fino a quando un’altra sensazione negativa farà scattare nuovamente la molla. Altri vivono, invece, una sensazione di estraneità, fatta di alienazione dal proprio corpo. Il dolore e il sangue che esce dal corpo li fanno sentire vivi, si procurano ferite per sentirsi persone reali. Hanno bisogno di provare sofferenza per affermare la propria esistenza. Per altri ancora, è una valvola di sfogo, una via attraverso cui espellere tutte le sensazioni negative che sentono di avere in corpo.

A sua volta l’autoferimento può essere impulsivo, compulsivo o stereotipico. Nel primo caso a dominare è l’intermittenza dell’evento, che può essere tagliarsi, bruciarsi o colpirsi. Con il passare del tempo il disturbo può ripetersi, fino a diventare una vera dipendenza. Nell’autolesionismo compulsivo invece domina il rito. Certi comportamenti sono ripetuti, e possono presentarsi anche più volte al giorno. Questo perché il pensiero di ferirsi è un’ossessione che diventa più forte nei momenti di stress. L’autoferitore spesso tenta di resistere, senza riuscirci. L’autoferimento stereotipico, infine, è tipico di gravi ritardi mentali e dell’autismo. Il gesto è compiuto indipendentemente dal contesto. In genere, questo comportamento è caratterizzato da movimenti ripetuti, come battere la testa ripetutamente contro un muro.

L’autolesionismo è spesso associato al disturbo borderline di personalità, una patologia che impedisce di avere relazioni stabili di amicizia o amore. Un’altra associazione frequente è quella con i disturbi dell’alimentazione, in particolare con la bulimia.

Molti autolesionisti soffrono poi di alessitimia, cioè l’incapacità di esprimere emozioni. Sembra che sia proprio questa impossibilità di comunicare i propri sentimenti di rabbia a scatenare l’autoferimento: sentono il bisogno di chiedere aiuto, oppure di protestare per un disagio che stanno vivendo, ma non trovano una via efficace per comunicarlo. E’ una forma distorta di relazione con gli altri: vogliono richiamare l’attenzione di qualcuno che sta loro a cuore ma non ci riescono. Si sentono ignorati. Molto spesso poi  posso esserci sentimenti di ostilità verso se stessi.

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Disturbi sessuali femminili

Secondo il DSM-IV-TR (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) le principali categorie diagnostiche relative ai disturbi sessuali femminili sono le seguenti:

 

  1. Disturbi del Desiderio Sessuale:

 

Disturbo del Desiderio Sessuale Ipoattivo. Si tratta di una insufficienza o di un’assenza di desiderio sessuale e fantasie a contenuto sessuale, non attribuibili completamente a cause mediche o all’assunzione di sostanze. Può essere presente da sempre (Tipo Permanente) o comparso in seguito alla presenza di un adeguato desiderio sessuale (Tipo Acquisito). Può essere relativo ad uno specifico partner (Tipo Situazionale) o essere pervasivo (Tipo Generalizzato). Può essere dovuto a fattori puramente psicologici e relazionali (Dovuto a Fattori Psicologici), oppure non completamente ascrivibile ad essi (Dovuto a Fattori Combinati).

Disturbo da Avversione Sessuale. È caratterizzato dall’avversione e dall’evitamento attivo del contatto genitale con un partner sessuale. Può essere presente da sempre (Tipo Permanente) o comparso in seguito alla presenza di un adeguata risposta sessuale (Tipo Acquisito). Può essere relativo ad uno specifico partner (Tipo Situazionale) o essere pervasivo (Tipo Generalizzato). Può essere dovuto a fattori puramente psicologici e relazionali (Dovuto a Fattori Psicologici), oppure non completamente ascrivibile ad essi (Dovuto a Fattori Combinati).

 

  1. Disturbo dell’Eccitazione Sessuale Femminile. Si tratta di una persistente o ricorrente incapacità di raggiungere o di mantenere un’adeguata risposta di eccitazione sessuale, caratterizzata da lubrificazione e tumescenza, fino al completamento dell’attività sessuale.Può essere presente da sempre (Tipo Permanente) o comparso in seguito alla presenza di un adeguata eccitazione sessuale (Tipo Acquisito). Può essere relativo ad uno specifico partner (Tipo Situazionale) o essere pervasivo (Tipo Generalizzato). Può essere dovuto a fattori puramente psicologici e relazionali (Dovuto a Fattori Psicologici), oppure non completamente ascrivibile ad essi (Dovuto a Fattori Combinati).

 

  1. Disturbo dell’Orgasmo Femminile. È caratterizzato dall’assenza persistente o ricorrente, o dal ritardo dell’orgasmo, nonostante sia presente una adeguata stimolazione e una adeguata fase di eccitazione sessuale. Può essere presente da sempre (Tipo Permanente) o comparso in seguito alla presenza di un adeguata capacità orgasmica (Tipo Acquisito). Può essere relativo ad uno specifico partner (Tipo Situazionale) o essere pervasivo (Tipo Generalizzato). Può essere dovuto a fattori puramente psicologici e relazionali (Dovuto a Fattori Psicologici), oppure non completamente ascrivibile ad essi (Dovuto a Fattori Combinati).

 

  1. Disturbi da Dolore Sessuale:

 

Dispareunia. Si tratta di un dolore genitale associato al rapporto sessuale. Sebbene si presenti più comunemente durante il coito, essa può anche insorgere prima o dopo il rapporto sessuale. Il dolore può essere descritto come superficiale durante la penetrazione o come profondo durante le spinte del pene. L’intensità dei sintomi può variare da una lieve sensazione dolorosa ad un dolore intenso. Può essere presente da sempre (Tipo Permanente) o comparso in seguito alla presenza di un adeguata capacità penetrativa senza dolore (Tipo Acquisito). Può essere relativo ad uno specifico partner (Tipo Situazionale) o essere pervasivo (Tipo Generalizzato). Può essere dovuto a fattori puramente psicologici e relazionali (Dovuto a Fattori Psicologici), oppure non completamente ascrivibile ad essi (Dovuto a Fattori Combinati).

Vaginismo. Si tratta di una ricorrente o persistente contrazione involontaria dei muscoli perineali che circondano il terzo esterno della vagina quando si tenta la penetrazione vaginale con pene, dita, tamponi o speculum. Può essere presente da sempre (Tipo Permanente) o comparso in seguito alla presenza di un adeguata capacità penetrativa senza dolore (Tipo Acquisito). Può essere relativo ad uno specifico partner (Tipo Situazionale) o essere pervasivo (Tipo Generalizzato). Può essere dovuto a fattori puramente psicologici e relazionali (Dovuto a Fattori Psicologici), oppure non completamente ascrivibile ad essi (Dovuto a Fattori Combinati).

Parafilie. Le caratteristiche essenziali di una Parafilia sono fantasie, impulsi sessuali, o comportamenti ricorrenti e intensamente eccitanti sessualmente, che in generale riguardano 1) oggetti inanimati, 2) la sofferenza o l’umiliazione ‘‘stessi o del partner, o 3) bambini o altre persone non consenzienti, e che si manifestano per un periodo di almeno 6 mesi. Per alcuni soggetti, fantasie o stimoli parafi lici sono indispensabili per l’eccitazione sessuale e sono sempre inclusi nell’attività sessuale. In altri casi, le preferenze parafiliche si manifestano solo episodicamente (i. e., durante periodi di stress), mentre altre volte la persona riesce a funzionare sessualmente senza fantasie o stimoli parafilici.

 

Per tutte le diagnosi sopraelencate il DSM-IV-TR prevede che i disturbi causino notevole disagio o difficoltà interpersonali.

I disturbi d’ansia

I disturbi d’ansia analizzati sono: attacco di panico, disturbo di panico senza agorafobia, disturbo di panico con agorafobia, agorafobia senza anamnesi di disturbo di panico, fobia specifica, fobia sociale, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbo post-traumatico da stress, disturbo acuto da stress, disturbo d’ansia generalizzato.

Ognuno di questi disturbi rientra, in modo più o meno grave, nella dimensione nevrotica.

L’ansia è espressione di un conflitto interno che è importante indagare per poi rielaborarlo. E’ una forma di paura, un campanello d’allarme che avverte un pericolo che va individuato. In questi disturbi in genere le aree di funzionamento generale della persona sono prevalentemente conservate o compromesse in modo circoscritto. La persona continua a svolgere la sua vita quotidiana anche se con disagio e difficoltà.

Attacco di panico: Il DSM-IV (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) circoscrive l’attacco di panico a un breve periodo preciso in cui l’individuo viene improvvisamente travolto da uno stato di terrore, spesso legato all’urgenza di fuggire di fronte a eventi ritenuti catastrofici e incombenti. I sintomi, descritti nel DSM-IV, raggiungono il picco in dieci minuti e sono almeno quattro fra i seguenti: palpitazioni, sudorazione, tremori, dispnea, dolore o fastidio al petto, nausea o disturbi addominali, sensazione di sbandamento, instabilità, svenimento, testa leggera, de realizzazione (senso di irrealtà), depersonalizzazione (essere staccati da se stessi), paura di perdere il controllo o di impazzire, paura di morire, parestesie, sensazioni di torpore o formicolio, brividi, vampate di calore, vertigini.

Non si tratta di un disturbo codificabile e quindi bisogna individuare la diagnosi specifica nell’ambito della quale si manifesta l’attacco di panico, come per esempio disturbo di panico con agorafobia.

Nella storia delle persone che soffrono di questo disturbo spesso sono presenti eventi stressanti, o la separazione da figure significative prima dell’insorgenza dell’attacco di panico. La sintomatologia è soprattutto organica e assomiglia a quanto di prova nelle prime fasi di un infarto. Talvolta l’utente viene condotto al pronto soccorso in quanto il suo disturbo viene equivocamente interpretato come un malessere di carattere cardiologico. Si presentano infatti problemi al livello del miocardio, coronarici, sbalzi di pressione, capogiri, senso di morte imminente, annebbiamento della vista. Si verifica un travaso importante di ansia che la persona non riesce a contenere. Tutto ciò provoca impressione di morte, di disintegrarsi e di impazzire.

Il disturbo non appartiene a una dimensione psicotica perché il soggetto, appena ripresosi, ha un buon contatto con la realtà.

Disturbo di panico senza agorafobia: Il disturbo è caratterizzato da frequenti attacchi di panico, che appaiono all’improvviso, e dalla continua preoccupazione della minaccia del loro ritorno.

Agorafobia: Come per l’attacco di panico l’agorafobia non è un disturbo codificabile e quindi va precisato il disturbo specifico in cui si manifesta; disturbo di panico con agorafobia, agorafobia senza anamnesi di disturbo di panico.

Il soggetto prova una forte ansia quando si trova in un situazioni dalle quali gli sembra difficile o imbarazzante allontanarsi e teme di non poter ricevere aiuto se viene colto da un attacco di panico.

L’attacco temuto si manifesta soprattutto quando la persona è sola e lontana dai suoi punti di riferimento come la casa. Si registrano esempi di persone in preda a tale attacco in  luoghi affollati (per esempio lunghe code) o in mezzi di trasporto (per esempio treni, autobus, auto). La persona per evitare l’evento temuto cerca di limitare al massimo gli spostamenti e quando è costretta a uscire si fa accompagnare da qualcuno. Inoltre spesso i soggetti riferiscono spesso di sentirsi come sospesi senza il terreno sotto i piedi, di avvertire il baricentro spostato, di provare smarrimento, di non sapere dove andare e di provare una sensazione di mancanza d’aria.

Se l’ansia prevale negli spazi aperti il disturbo può essere definito come agorafobia, anche se può avere implicazioni claustrofobiche. Se, invece, i sintomi che prevalgono riguardano la paura degli spazi chiusi si tratta di claustrofobia; in quest’ultimo caso il soggetto prova malessere nei posti dove si sente ingabbiato senza possibilità di fuga (per esempio ascensori).

Disturbo di panico con agorafobia: Il disturbo è caratterizzato sia da frequenti attacchi di panico che da agorafobia. Quando l’attacco di panico crea un’insorgenza agorafobica la persona colpita incomincia a chiedere di essere accompagnato durante le uscite, oppure delega qualcuno a sostituirla nello svolgimento di varie commissioni. Si verifica di conseguenza una grave menomazione dell’autonomia del soggetto che risulta invalido in alcune aree della propria funzionalità.

Fobia specifica: La fobia specifica, secondo il DSM-IV,  è caratterizzata da un’ansia clinicamente significativa provocata dall’esposizione a un oggetto o a una situazione temuti, che spesso determina condotte di evitamento. La persona riconosce l’eccessività e l’irragionevolezza della paura che comunque non riesce però a controllare. L’evitamento contribuisce all’aumento della paura e quindi del blocco emotivo verso quel particolare oggetto o situazione.

Illustriamo ora alcuni tipi di fobie descritti dal DSM-IV:

Tipo animale: Il soggetto mostra un’esagerata paura verso uno o più generi di animali. L’esordio del disturbo avviene nell’infanzia.

Tipo sangue-iniezioni-ferite: E’ necessario specificare se la paura viene scatenata alla vista del sangue, o delle ferite, o da procedure mediche invasive come l’iniezione. La paura delle iniezioni, ad esempio, può essere collegata a tematiche aggressive e/o a contenuti ipocondriaci.

Tipo situazionale: All’interno di questa categoria possono presentarsi svariati tipi di fobie a seconda della situazione specifica come il trovarsi nei trasporti pubblici, tunnel, ponti, mezzi volanti, alla guida di vetture o in luoghi chiusi. L’esordio della fobia avviene con un primo picco nell’infanzia e un altro verso i 25 anni.

Fobia sociale: Secondo il DSM-IV la fobia sociale è caratterizzata da una eccessiva ansia suscitata da situazioni o prestazioni sociali che, come avviene in tutte le fobie, spesso determina condotte di evitamento. L’individuo riconosce l’irragionevolezza ed esagerazione del proprio timore ma tuttavia non riesce a controllarlo e a perseverare del tutto le aree del funzionamento globale.

Disturbo ossessivo-compulsivo: Il DSM-IV definisce il disturbo ossessivo-compulsivo come un disturbo caratterizzato da ossessioni e/o compulsioni. Le ossessioni sono dei pensieri ricorrenti vissuti come intrusivi, inappropriati e fonte di ansia da parte dell’individuo. Le compulsioni sono dei comportamenti che si presentano spesso sotto forma di rituali in risposta alle ossessioni da neutralizzare ed esorcizzare. Per esempio il pensiero ripetuto che la casa possa esplodere potrebbe essere un tipo di ossessione e il controllo continuo della chiusura della cucina a gas la complulsione di risposta.

Si manifestano quindi comportamenti ripetitivi (per esempio lavarsi le mani, allineare gli oggetti in un certo modo, controllare la chiusura di porte) o azioni mentali (per esempio contare, pregare, ripetere parole mentalmente) che il soggetto mette in atto in risposta a una ossessione, o secondo regole che devono essere seguite rigidamente. I comportamenti o le azioni mentali sono rivolte a ridurre il disagio o a prevenire situazioni temute. Il soggetto non può evitare di mettere in atto rituali, stereotipie, comportamenti rigidi e fissi: appare ritentivo, rigido, manifesta una logica di accumulo, una marcata aggressività verso se stesso e gli altri, che interferisce nelle relazioni sociali. Tende al perfezionismo e quindi è molto esigente verso se stesso e verso gli altri. A differenza del fobico che assume condotte di evitamento, la persona con il disturbo ossessivo-compulsivo teme che si verificheranno eventi catastrofici se non metterà in atto quella determinata condotta.

Una configurazione ossessivo-complusiva può essere presente in diversi quadri psicopatologici, ma in tal caso la sintomatologia è circoscritta a specifiche tematiche e non diffusa. Per esempio vi è l’ossessiva preoccupazione per il cibo nei disturbi dell’alimentazione e il timore assillante di avere una grave malattia in caso di ipocondria.

Disturbo post-traumatico da stress e Disturbo acuto da stress: Secondo il DSM-IV il disturbo post-traumatico da stress è caratterizzato dal rivivere un evento traumatico estremamente traumatico vissuto con sentimenti di terrore, impotenza e orrore. Tale evento può essere rivissuto in diversi modi.

Il soggetto sperimenta di nuovo nell’immaginazione e nei pensieri il trauma relativo all’evento terrificante che lo ha colpito. Egli percepisce e sente ancora vivo il dolore fisico e psichico provato. Può avere subito eventi di morte o di minaccia di perdita della vita e dell’integrità fisica che riguardano personalmente lui o persone care come il partner, figli, genitori. L’evento si può ripresentare anche periodicamente nei sogni, in allucinazioni e momenti dissociativi. Il soggetto è colpito da profondo disagio soprattutto di fronte a fattori interni ed esterni che possono scatenare per loro somiglianza l’esperienza vissuta. Il soggetto evita tutto ciò che può essere associato alla sua esperienza traumatica e soprattutto farà ogni sforzo per non ricordare e non trovarsi con persone presenti nella tragica circostanza o in luoghi che gli possono evocare l’evento terrificante.

Sono presenti elementi simili a quelli depressivi come la diminuzione di interesse e piacere, di partecipazione alle attività e alle relazioni sociali. Si teme di non poter avere una vita normale ma di vivere minor tempo e di non riuscire a realizzare gli obiettivi della popolazione media (per esempio carriera, matrimonio, figli). Spesso si verifica un forte aumento del livello di ansia e di tensione. Il soggetto ha difficoltà nel dormire, irritabilità, incapacità di concentrarsi, ipervigilanza. Vive in un continuo stato di allarme.

La durata del disturbo è superiore ad un mese (è definito acuto se inferiore ai tre mesi e cronico se superiore).

Il Disturbo acuto da stress è caratterizzato da sintomi simili a quelli presenti nel disturbo post-traumatico da stress che si verificano immediatamente a seguito di un evento estremamente traumatico, ma a differenza di quest’ultimo, dura da un minimo di due giorni a un massimo di quattro settimane. Inoltre l’espressione sintomatologica generalmente appare più acuta e potrebbero presentarsi fenomeni di de realizzazione e depersonalizzazione.

Distrubo d’ansia generalizzato: Secondo il DSM-IV il disturbo è caratterizzato da almeno sei mesi di ansia e preoccupazioni difficilmente controllabili, smisurate e ripetute che riguardano una pluralità di tematiche ( per esempio prestazioni lavorative, futuro dei figli, ecc.) e sono presenti per la maggior parte della giornata. Queste preoccupazioni possono compromettere negativamente il sonno, l’umore (irritabilità, ansia), il corpo (facile affaticabilità, tensione muscolare) e la concentrazione.

I disturbi di personalità

Le persone che hanno un disturbo di personalità seguono un modello di rappresentazione mentale, di comportamento e di esperienza interiore che devia decisamente rispetto alle norme della cultura di appartenenza. Si tratta quindi di un disturbo rigido, diffuso su cui è radicata la personalità dell’individuo e di conseguenza la sua organizzazione mentale e il suo equilibrio.

I disturbi di personalità sono raccolti in tre gruppi nel DSM-IV (American Psychiatric Assocation, Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders ):

Gruppo A: Disturbi caratterizzati da comportamento bizzarro

Gli individui con questi disturbi spesso presentano comportamenti eccentrici o comunque fuori dal comune.

Disturbo paranoide di personalità: chi è affetto da questo disturbo vive in un clima di continui sospetti e di sfiducia. Qualsiasi motivazione e azione altrui viene interpretata come minacciosa. Il paranoide si sente in uno stato di continuo pericolo, si vede spesso vittima di un complotto e qualsiasi gesto o parola anche banali assumono per lui il significato di una minaccia nascosta. Per esempio un uomo affetto da tale disturbo, invitato ad un pranzo politico prima della caduta del muro di Berlino, vide la tavola addobbata con dei fiori rossi e gialli. Interpretò il fatto come un messaggio di morte per lui da parte della Russia (bandiera rossa) alleatasi per l’occasione con il Vaticano (bandiera gialla). Il rapporto con la realtà appare, quindi, alterato.

Disturbo schizoide di personalità: i soggetti che vivono questo disturbo mostrano un’espressione dell’emozionalità estremamente limitata e un marcato distacco nelle relazioni sociali. Il soggetto deve presentare almeno quattro di questi sintomi descritti nel DSM-IV. Il soggetto anche se fa parte di un nucleo familiare non prova alcun interesse nel partecipare ad esso né ad altre relazioni affettive o sociali. Egli mostra un carattere chiuso che lo porta ad appartarsi e ad agire in solitudine, è scarsamente motivato verso una vita sessualmente completa, non è in grado di provare piacere in quasi nessuna delle attività che svolge e manifesta un atteggiamento distaccato che sembrerebbe renderlo indifferente sia alle critiche che alle approvazioni degli altri. L’emotività appare compressa e appiattita rendendolo sempre più rigido e chiuso in sé.

Disturbo schizotipico di personalità: anche nello schizotipico appare un grave disagio relazionale accompagnato inoltre da un comportamento eccentrico e da distorsioni nel pensiero e nella percezione (presenza di credenze magiche e/o bizzarre in aperto contrasto con la cultura di appartenenza).

Gruppo B: Disturbi caratterizzati da alta emotività

Gli individui con questi disturbi spesso appaiono imprevedibili, inaffidabili, impulsivi.

Disturbo antisociale di personalità: lo stile di vita del soggetto è caratterizzato dall’intolleranza delle regole e dalla continua violazione dei diritti degli altri. Il soggetto appare irresponsabile e incapace di portare avanti un’attività lavorativa o di studio in modo continuativo o di far fronte ad obblighi sociali, legali e finanziari. Egli maltratta e deruba gli altri con indifferenza senza mai provare alcun tipo di rimorso. Appare così privo di empatia.

Disturbo borderline di personalità: attualmente considerato un disturbo con caratteristiche proprie, nel quale predominano elementi di impulsività e instabilità. Questa instabilità si manifesta in ambito relazionale, umorale e nella percezione di sé. Secondo il DSM-IV il soggetto teme un abbandono reale o immaginario e per evitarlo compie tentativi disperati. Le relazioni interpersonali appaiono quindi intense e contraddistinte da momenti di idealizzazione e supervalutazione dell’altro, che tuttavia non sono duraturi ma spesso si trasformano nell’estremo opposto giungendo fino al disprezzo. Lo stato umorale più frequente è quello rabbioso, connotato da violenti accessi di ira che possono anche condurre allo scontro fisico.

Disturbo istrionico di personalità: si distingue per la continua ricerca di attenzione e per l’esagerata emotività. Il soggetto quando non riesce a focalizzare l’attenzione prova un forte senso di disagio. Il suo comportamento sessuale è estremamente provocante, ma non appropriato. Appare suggestionabile, facilmente influenzabile dall’ambiente esterno e dalle persone e portato a esprimere in modo drammatico e teatrale le emozioni e i sentimenti. Le varie relazioni vengono considerate più intime di quanto non possano essere nelle realtà.

Disturbo narcisistico di personalità: il quadro è caratterizzato da una mancanza di sensibilità verso gli altri e da ostentazione di grandiosità e di bisogno continuo di adulazione. La persona affetta da tale disturbo si sente speciale e ritiene di essere il solo a dover frequentare persone e ambienti elevati e degni di lui. Tutto gli è dovuto e gli altri devono inchinarsi davanti a lui, favorirlo in tutte le circostanze e soddisfare tempestivamente le sue aspettative. Egli non rispetta le persone, non ne avverte i bisogni né i sentimenti, ma le sfrutta per ottenere i suoi scopi. Si crede inviato, ma in realtà è lui che invidia gli altri.

Gruppo C: Disturbi caratterizzati da forte ansietà

Gli individui con questi disturbi appaiono spesso paurosi.

Disturbo ossessivo-compulsivo di personalità: eccessive manifestazioni di controllo, perfezionismo e ordine caratterizzano questo quadro clinico. Il soggetto nell’organizzazione di un’attività si perde in dettagli minuziosi, in regole e schemi perdendo di vista il fine prefissato. E’ talmente rigido che non riesce mai a completare un progetto perché il suo perfezionismo gli impedisce di proseguire il lavoro ma lo ingloba in ferrei standard. Egli ha scarse relazioni sociali e amicizie e non ha mai tempo per lo svago perché lo dedica tutti al lavoro e alla produttività. La persona accumula costantemente denaro per premunirsi da eventuali catastrofi e quindi spende con molta parsimonia e si mostra avaro. Il suo atteggiamento appare rigido e testardo. Tale disturbo appare più grave del semplice disturbo ossessivo-compulsivo in quanto maggiormente pervasivo e radicato rigidamente nella organizzazione di personalità.

Disturbo evitante di personalità: il quadro presenta una eccessiva ipersensibilità nei confronti delle critiche altrui e atteggiamenti inibitori che esprimono inadeguatezza. Il soggetto presenta difficoltà a stabilire una relazione intima con gli altri per paura di essere da essi deriso e umiliato. Teme fortemente le critiche soprattutto in situazioni di carattere sociale e si sente inibito nell’intraprendere relazioni interpersonali nuove in quanto teme di essere inadeguato. Il soggetto desidera le relazioni sociali ma teme di fallire e di essere rifiutato. Si vergogna di aspetti del sé e quindi tenta di coprirsi con un comportamento evitante.

Disturbo dipendente di personalità: L’eccessivo bisogno di essere accudito che si esprime con un comportamento sottomesso e adesivo è una delle caratteristiche principali di questo disturbo.Il soggetto nel prendere decisioni che riguardano la vita quotidiana ha enormi difficoltà e deve essere continuamente rassicurato e consigliato. Mostra sfiducia nelle proprie capacità anche di giudizio e pur essendo motivato e non privo di energia, non riesce a portare avanti un progetto autonomamente e a continuarlo. Si sente indifeso e incapace di autogestirsi. Gli altri devono prendersi cura di tutte le responsabilità e lui sente l’esigenza di essere continuamente guidato. Questo disturbo viene spesso associato al disturbo distimico, alla depressione o all’ansia.