Tecniche per gestire l’ansia: il training autogeno
Con il termine di training autogeno H. Schultz definì un metodo di autodistensione da concentrazione psichica che consente di modificare situazioni psichiche e somatiche. Training significa allenamento, cioè apprendimento graduale di una serie di esercizi di concentrazione psichica passiva allo scopo di portare progressivamente al realizzarsi di spontanee modificazioni del tono muscolare, della funzionalità vascolare, dell’attività cardiaca e polmonare, dell’equilibrio neurovegetativo e dello stato di coscienza; il preciso e costante allenamento a tali esercizi porta a modificazioni gradatamente sempre più valide, precise, consistenti. Autogeno significa “che si genera da sé”; ciò differenzia questo metodo dalle tecniche autoipnotiche ed eteroipnotiche le cui realizzazioni somatopsichiche sono attivamente indotte dal soggetto o dal terapeuta.
A cosa serve il training autogeno?
Gli esercizi del T.A. hanno lo scopo di farci raggiungere lo stato autogeno che è una condizione di passività assoluta, priva di atti volitivi, realizzata mediante la contemplazione di quanto spontaneamente accade nel proprio organismo e nella propria mente. Di fronte ad una situazione-stimolo che, sia a livello psicologico che somatico, superi una certa soglia di tolleranza, l’unità biopsichica reagisce, a seconda dell’intensità dello stimolo, con tensione muscolare, spasmo viscerale, sensazione di freddo per il corpo, alterazione funzionale nei meccanismi neurovegetativi, endocrini, umorali. Si può inoltre avvertire sensazioni di calore al capo, l’impressione di essere sopraffatti dalle proprie emozioni e dai pensieri che si affollano nella mente.
L’allenamento alla realizzazione di uno stato di sempre maggiore passività (stato autogeno) consente all’unità biopsichica di reagire, gradualmente, in modo opposto. Si determinano allora distensione muscolare e vascolare, rilasciamento viscerale, sensazione di calore per il corpo, regolarizzazione funzionale nei meccanismi neurovegetativi, endocrini, umorali; infine sensazione di fresco alla fronte che corrisponde a uno stato di calma, di benessere, di pace interiore. La persona che si trova in uno stato di profondo rilassamento è nelle condizioni ottimali per ascoltare e riflettere su ciò che il suo animo gli suggerisce; le problematiche che lo investono sono allora recuperate nella riflessione e nell’introspezione: sfondate da sovrastrutture e da falsi giudizi appariranno nella loro reale dimensione e consentiranno una più attenta valutazione delle energie necessarie ad affrontarle.
Per dirla con G. Eberlein, allieva si Schultz, il tranining autogeno è come un’isola deserta in cui ciascuno di noi può rifugiarsi durante la giornata. Rifugio che serve non tanto per sfuggire alla realtà quotidiana, ma per trovare una zona di recupero delle proprie energie, un momento in cuoi possano venir richiamate tutte le forze disponibili, per essere in grado di affrontare al meglio la realtà stessa, quando questa ci procura ansia, e uscirne quindi rafforzati e organizzati. L’assimilazione dei nuovi valori proposti dal training autogeno, concentrazione passiva e distensione, avviene automaticamente, con la pratica, senza bisogno di ricorrere a indottrinamenti teorici.
Il training autogeno contribuisce a rafforzare l’equilibrio psicofisico in chi lo ha già e interviene sui disturbi psicosomatici e nevrotici di chi ha una fragile struttura psicofisica.
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